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Diario di Scatto – Una notte sotto le stelle al Col de l’Authion
 

C’è un momento, quando il silenzio della montagna diventa assoluto, in cui il cielo sembra aprirsi e svelare segreti che solo l’occhio attento del fotografo può catturare. Questa notte l’ho trascorsa al Col de l’Authion, un luogo che custodisce le cicatrici della storia e che, al tempo stesso, offre un palcoscenico privilegiato per osservare l’infinito.

 

Il complesso fortificato dell’Authion, costruito a fine Ottocento e teatro di aspre battaglie durante la Seconda guerra mondiale, oggi giace silenzioso, vegliato soltanto dal vento e dalle stelle. Le sagome dei forti si stagliano contro il buio come antichi guardiani, e in quell’intreccio di pietra e memoria ho trovato lo scenario ideale per dialogare con la Via Lattea.

 

Due location in particolare hanno catturato il mio sguardo: il carro armato abbandonato, che giace arrugginito come una reliquia di un tempo feroce, ora trasformato in un inconsapevole protagonista cosmico; e il castello della Pointe des Trois Communes, fortezza arroccata a 2.080 metri, che con la sua silhouette austera sembra voler sfidare le stelle stesse. Inquadrarli sotto il cielo notturno è stato come dare voce a due anime diverse: la macchina della guerra e la pietra che resiste, entrambe immerse in un silenzio che solo la fotografia può raccontare.

 

Per questa sessione ho portato con me la mia compagna di viaggio di sempre: la Canon 5DSR. Una reflex che molti definirebbero “vecchia”, ma che per me continua a essere una certezza. Il suo sensore full frame da 50 megapixel è capace di restituire dettagli che vanno oltre la semplice fotografia, quasi come se volesse raccogliere la polvere di stelle sospesa nell’aria.

 

Ho alternato due ottiche: l’Irix 15mm f/2.4, luminosa e nitida, perfetta per abbracciare l’arco celeste in tutta la sua ampiezza, e il piccolo ma sorprendente Meike 8mm, con la sua prospettiva estrema che trasforma il cielo in una cupola avvolgente. Con diaframmi spalancati e tempi di esposizione lunghi, ho cercato di bilanciare il buio profondo della notte con il respiro luminoso della galassia.

 

La vera magia, però, non è nei parametri tecnici. È nel tempo sospeso tra uno scatto e l’altro, quando il display si illumina e ti restituisce la curva argentea della Via Lattea che attraversa il cielo sopra i forti. È nel sentirsi piccoli davanti a quel nastro di luce che unisce passato e presente, memoria di guerra e sogno cosmico.

Alla fine della notte, mentre la prima luce dell’alba accarezzava le pietre del Col de l’Authion, ho spento la macchina fotografica. Dentro la scheda non c’erano soltanto immagini: c’era il ricordo di un luogo che resiste al tempo e il battito lento dell’universo impresso in pixel

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